«LEONARDO DA VINCI»
di Carlo Sarandrea

 Sono felice di poter parlare di Leonardo da Vinci. Vi intratterrò non sulla sua biografia, che, immagino, sia ben conosciuta da voi: è sufficiente parlare di Gioconda, Cenacolo, Annunciazione, Vergine delle Rocce, per risvegliare conoscenze e ricordi. Il mio breve intervento desidera offrire uno sguardo generale alla figura di quest’uomo, vissuto dal 1452 al 1519 – e quindi 67 anni – a cavallo di due epoche: il Medioevo e il Rinascimento, incarnando tuttavia per molti una figura modernissima, anticipatrice di molte scoperte in molti campi dello scibile umano.
 Considerato a mezzo millennio dalla sua morte, Leonardo appare come massimo rappresentante della categoria degli uomini illustri. E, in effetti, poche figure nella storia dell'umanità hanno avuto un ambito di diffusione e conoscenza cosí vasto come quello di Leonardo da Vinci. Opere come la Gioconda o il Cenacolo sono universalmente note, e anzi rese oggetto di pellegrinaggi di massa.
 Personaggio-simbolo dell'intelligenza e della creatività, dell'arte e del pensiero scientifico Leonardo fu pittore, scultore, ingegnere, progettista di macchine industriali e di macchine da guerra, anatomista, studioso di fenomeni naturali, inventore universale. E persino uomo di spettacolo: scenografo, regista, costumista, autore di canzoni, di poesie e addirittura barzellette. Della sua immensa attività sono giunti sino a noi oltre 16000 fogli, pieni di disegni, appunti, progetti, pensieri, studi. fittamente scritte con la sua famosa grafia da destra a sinistra e illustrate fino nei dettagli con migliaia di disegni. È stato calcolato che i suoi appunti potrebbero essere pubblicati in 80 libri di 200 pagine ciascuno. Tantissimi, certo: ma si calcola che rappresentino solo una piccola parte di ciò che scrisse: il resto è andato perso. C'è chi ritiene abbia prodotto almeno centomila fogli. Una quantità di nozioni e di informazioni impressionante.
 Dai suoi scritti esce l'immagine di un uomo profondamente innovatore, moderno, laico, un uomo che seppe esprimere al massimo livello il suo tempo, il Rinascimento; ma che al tempo stesso era anche fuori dal suo tempo, in larghissimo anticipo su quasi tutto.
 Gli scritti che ci ha lasciato ci aiutano a capire nel dettaglio la sua visione del mondo, che si ritrova in ogni sua opera, nei dipinti come nelle invenzioni tecniche, nei progetti e negli studi di anatomia e perfino nei disegni di scenografie e costumi, che elaborò per le feste organizzate quando si trovava a Milano, alla corte di Ludovico il Moro. Per scrivere con maggiore velocità inventò perfino la prima penna stilografica della storia: alcuni disegni ce ne mostrano il pennino.
 Fu tra i primi a escogitare un nuovo modo per concepire i libri e l'informazione scientifica. Mentre in precedenza ogni descrizione era affidata alla parola e al latino, è proprio con il suo esempio che cominciano a diffondersi libri riccamente illustrati, dove il disegno svolge una parte importante dell'informazione, spiegando in modo visivo e immediato i concetti. Leonardo vi ricorre non solo mentre una per "raccontare" le macchine che escogita, ma anche per rappresentare un masso, fenomeni naturali, come i flussi dell'aria e dell'acqua, oggetto di lunghi studi. Oppure per mostrare in quale direzione ruotare imprimere la forza o effettuare un movimentutile a governare una macchina. E per fare questo inventa anche nuovi modi per rappresentare cose invisibili, come l'aria o la direzione del vento.
 Il disegno illustrativo fu per Leonardo un'abitudine fin dagli inizi della sua attività. Il padre, un ricco notaio di Vinci, si accorse del suo talento nel disegno e lo affidò nel 1469, quando aveva 17 anni, alla rinomata bottega fiorentina di Andrea del Verrocchio. Il Verrocchio era pittore famoso, ma anche forgiatore di armature da guerra, scultore, artigiano. Da lui Leonardo costruì il bagaglio tecnico che consentì di concepire in seguito i suoi progetti e apprese il sistema di osservazione naturalistica e anatomica che stava alla base delle riproduzioni artistiche dell'epoca. Lo studio delle masse d'aria e dell'occhio, che lo appassionò per molti anni, nasceva ad esempio dalle osservazioni sull'ottica che aveva condotto nella bottega del Verrocchio anche per scopi soprattutto pratici.
 Per effettuare le saldature sulle armature venivano infatti usati sistemi di lenti e di specchi che richiedevano un'attenta progettazione. Leonardo non dimenticò mai questa prima formazione tecnologica. Molti anni dopo, quando si trovava a Milano, progettò macchine per realizzare in modo automatico lenti concave e convesse da utilizzare proprio in saldatura. Gli studi di ottica gli fecero scoprire le diverse "qualità" dell'aria che, si rese conto, poteva avere diverse densità. E questo lo portò anche a rinnovare il suo stile di pittura.
 Come si nota nella Gioconda o nella Dama con l'ermellino, gli sfondi che stanno dietro ai soggetti sono sfocati all'orizzonte o velati da un'impercettibile bruma. Era l'effetto che Leonardo attribuiva alla presenza di masse d'aria di varia densità tra l'osservatore e il punto osservato. I suoi colleghi contemporanei mantenevano invece, con minor verosimiglianza, una estrema nitidezza su tutti i piani prospettici, anche quelli più lontani.
 Ma gli studi sull'aria lo portano anche a concepire tutt'altro genere di idea, quella del volo. Per tutta la vita Leonardo progetta macchine pensate per sollevare l'uomo da terra. Inizia dapprima imitando gli uccelli con meccanismi per muovere su e giù una coppia di ali, sistemi di corde, carrucole e pulegge. In un disegno databile tra il 1483 e il 1486 escogita un'ala azionabile con una lunga leva. La macchina è oggi riprodotta al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, dove è stata allestita una sala che raccoglie le ricostruzioni di alcune sue invenzioni. Contestualmente all'idea del volo battente, cioè grazie al movimento delle ali, Leonardo sviluppa anche quella del volo planato. Una delle prime soluzioni che immagina è una sorta di vite senza fine, nella quale alcuni studiosi hanno visto l'antesignano del moderno elicottero.
 Lo stesso concetto della vite senza fine ritorna in altri progetti studiati per trasportare l'acqua dal basso verso l'alto. Leonardo progettò complessi sistemi di chiuse e canali per la città di Milano e inventò anche i macchinari per effettuare i lavori. Si trattava di strumenti che funzionavano in modo automatico, sfruttando la forza dell'acqua o di complicati sistemi di contrappesi, come ad esempio l'escavatrice, la doppia gru girevole o la draga lagunare, che serviva all'importantissima manutenzione dei canali e consentiva di eliminare i detriti che si accumulavano sul fondo.
 Tanta capacità trovò applicazione anche nelle arti della guerra. Su richiesta dei signori ai quali prestò i suoi servigi, inventò ogni tipo di arma: cannoni, bombarde, sommergibili, navi da battaglia armate con dispositivi per distruggere quelle avversarie.
 Insomma il suo genio fu talmente straordinario e innovativo che ancora oggi le sue invenzioni stupiscono. E un sondaggio lo ha eletto il più importante europeo della storia.
 Del resto, ancora in vita Leonardo veniva paragonato a un sapiente dell'antichità, forse anche nell'aspetto. C'era chi vedeva in lui un redivivo Aristotele, altri Pitagora o il druido Ermete, ma meglio ancora Archimede, l'uomo che Leonardo stesso avrebbe preferito emulare. Ma era tale anche fisicamente?
L'aspetto di Leonardo, a dire di molti, era quello solenne del sapiente paludato, la lunga barba bianca, il cappello floscio a larghe falde da artista bohémien – e così come, tra gil altri, lo ha riproposto Philippe Leroy nel famoso sceneggiato televisivo di Renato Castellani “Vita di Leonardo”. Ma, quasi a conferma della frase che apre la sua autobiografia: «Ogni evento non fu mai come uno se lo ricorda», il suo aspetto sembrerebbe essere stato altro: ecco come l'aveva visto chi l'aveva incontrato, l'Anonimo Gaddiano: «Era di bella persona, proportionata, gratiata et bello aspetto. Portava uno pitocco [antica veste maschile, simile a una cotta] rosato corto sino al ginocchio, che allora s'usavano i vestiti lunghi, haveva sino al mezo in petto una bella capellaia et anellata et ben composta».
 Per cominciare andrebbe subito detto che Leonardo non portava la barba, e se la portava, la tenne corta fino agli ultimi anni. Si ritiene, infatti, che nell’Autoritratto di Torino (l’unico sicuro dell’artista) egli si sia voluto raffigurare nelle sembianze di un antico filosofo.
 Il mito, dunque lo avvolge completamente. E a contribuire a questo mito furono gli accenni del biografo Vasari su un Leonardo scienziato e inventore, divino, filosofo e mago, negromante e interprete dei misteri della natura: un'immagine che Leonardo non avrebbe autorizzato per sé stesso (lui che aveva attaccato magia e astrologia, alchimia e negromanzia), ma che suo malgrado aveva contribuito a creare, negli ultimi anni della sua vita, perseguendo ricerche e obiettivi intellettuali che ormai nessuno dei contemporanei era più in grado di capire.
 La definizione più precisa la diede probabilmente il re di Francia, Francesco I, ultimo estimatore e protettore di Leonardo, il quale non esitò a riconoscergli pubblicamente i meriti che lo avevano reso famoso, precisando ai suoi ospiti essere sua convinzione che mai «altro uomo fusse nato al mondo che sapessi tanto, quanto Lionardo, non tanto di pittura, scultura et architettura, quanto che egli era grandissimo filosofo».
 Le biografie di Leonardo, nei secoli successivi, furono per lo più basate su quella del Vasari. Ma un nuovo concetto di Vita di Leonardo emerge con le prime esplorazioni dei suoi manoscritti al volgere del XVIII secolo: un faticoso processo di lettura, trascrizione, interpretazione. E questo soprattutto a Parigi, dove quei manoscritti furono portati da Napoleone nel 1797, sottratti come bottino di guerra all'Ambrosiana a Milano dove erano rimasti dal Seicento come miniera praticamente inesplorata.
 Paradossalmente, l'avvicinamento alla realtà storica e biografica coincideva con l'ingigantirsi del mito. I manoscritti furono letti da chi vi voleva vedere l'espressione di un genio universale, sconfinato, sovrumano, eroico nel suo isolamento contro l'età che l'aveva generato. Nell'età del positivismo Leonardo era considerato precursore, profeta dello straordinario progresso tecnologico; nei suoi disegni si rintracciava la premonizione delle macchine della civiltà industriale: la propulsione a vapore, il treno e l'automobile, il sommergibile, l'aeroplano, e perfino la bicicletta. Di volta in volta eroe romantico e decadente, dandy ed esteta, santo e demone, depositario di un'intelligenza senza limiti per la quale il risultato conta meno del metodo.
Dicevamo di un “faticoso processo di lettura” dei suoi manoscritti. E non si trattò soltanto di decifrare la famosa scrittura “rovesciata “ (da destra a sinistra – a volte con le lettere invertite per codificare il testo).
Leonardo, pur avvertendo la tensione verso la forma conclusa del "libro" (progettando molti trattati, con elenchi e indici di capitoli), preferì sempre per le sue scritture la misura del singolo foglio, raramente superata. Ogni scritto, dalla dimostrazione geometrica alla descrizione di una battaglia o di un temporale, come pure la scarna lista delle spese affrontate per il funerale di sua madre Caterina, era anche materialmente una "scheda" intercambiabile, un momento di un'ininterrotta vicenda di osservazione e registrazione del reale. La varietà della natura e del visibile si riflette cosí nella varietà dei manoscritti, nella molteplicità delle derivazioni disciplinari, strutturate come ramificazioni di un unico albero della conoscenza. Le sue scritture rientravano in una sfera eminentemente privata, come gli zibaldoni degli umanisti, i taccuini degli ingegneri e inventori del rinascimento, i libri di famiglia di mercanti e borghesi e lasciavano alla mente di Leonardo la possibilità di continuare una ricerca in perpetuo movimento. Più che problema di ordinamento, sorge talvolta un problema di riorganizzazione della materia accumulata in tanti anni, difficilmente dominabile dalla memoria. Infine, non bisognerebbe mai dimenticare che Leonardo era in grado di comunicare simultaneamente con differenti linguaggi, quello della parola e quello dell'immagine, e di farli interagire in un modo che potrebbe sembrare naturale oggi (ecco un Leonardo multimediale, diremmo), ma che non lo era affatto al suo tempo.
Per quanto qualcuno lo accusasse del contrario, Leonardo fu uomo di lettere, e cercò faticosamente di imparare il latino, e di avvicinarsi alla tradizione scientifica e filosofica classica e medievale. Propugnò il ricorso alla «sperienza», alla sperimentazione diretta dei fenomeni, che, anche se spesso derivata dalla scienza tardomedievale, prelude all’avvento del metodo sperimentale e alla scienza moderna. Progettò una riforma generale della meccanica, collegata alla geometria e alla matematica, tale da consentire una teoria unitaria di interpretazione di tutti i fenomeni naturali, dallo scorrere dell'acqua in un fiume alla complessità della vita nel corpo dell'uomo. E accanto ad ognuna di queste posizioni intellettuali lasciava tranquillamente convivere nella sua mente la posizione contraria: sanciva il primato della «sperienza», e poi descriveva esperimenti che aveva solo pensato, e mai messo in pratica, per mancanza di strumentazione adeguata.
Liberale e generoso, Leonardo è capace anche di tenere i conti della spesa quotidiana con la precisione di un usuraio. Propugnatore della libertà intellettuale si mette al servizio di tiranni - progettando per loro fantasmagorici spettacoli di glorificazione e mostruosi strumenti di guerra - e li abbandona in fretta quando questi cadono in disgrazia. Per grandi pitture murali che avrebbero dovuto durare nei secoli sperimenta nuove tecniche che porteranno quelle opere alla rovina. Le luci e le ombre, le infinite contraddizioni della sua figura reale (e qui torniamo al “mito” che si è nutrito di queste contraddizioni) si leggono nello scorrere dei giorni e degli anni, cosí come scorrono, nel tempo, le pagine dei suoi manoscritti, le forme vive dei suoi disegni, i colori della sua pittura.
La civiltà delle macchine si trasforma oggi nell’universo virtuale e immateriale (Leonardo direbbe "spirituale") dei microprocessori; l'invisibile rete di onde elettromagnetiche avvolge la terra di suoni ed immagini, che spesso sono immagini di catastrofi, naturali o provocate dall'uomo, carestie, epidemie, deserti che avanzano; i cieli sono percorsi da grandi uccelli meccanici; le città sono divenute labirinti infernali e disumani; la guerra (che per Leonardo è «pazzia bestialissima») travolge masse enormi di uomini con strumenti di distruzione apocalittici. Potrebbe essere facile affermare che tutto questo era già nelle visioni di Leonardo.
Visioni iniziate nella campagna toscana di più di 550 anni fa, quando un fanciullo interrogava la natura. Giocava lanciando sassi levigati negli specchi d'acqua, osservava i cerchi concentrici che si allontanavano.
Ecco: la vita di Leonardo è come l'onda che si allarga, come lo specchio che si increspa. Bisogna seguirne il movimento, fino a quando si dissolve nell'elemento più vasto.
E questo fu il destino anche delle sue opere: gran parte dissolte nell’oblio, oppure distrutte da altri – come il monumento equestre per il duca Sforza - ma anche da lui stesso nei tentativi di sperimentare nuove tecniche, come per la Battaglia di Anghiari, affresco che forse verrà ritrovato grazie alle microsonde. Altre opere non gli furono attribuite se non in anni più vicini a noi che a lui (come il quadro “Dama con l'ermellino”). Grandissima parte dei suoi manoscritti dispersi.
Il rimpianto è per quanto dell’opera di Leonardo sia andata perduta, non solo in pittura, scultura, ma soprattutto nell’opera scritta, nei manoscritti. Certamente la parte migliore, perché è la parte più vulnerabile nel senso che appetisce chi viene a contatto con questi fogli e desidera appropriarsene non nel senso del collezionista, ma nel senso dello studioso o dell’inventore che ha tutto l’interesse a far scomparire la traccia dell’origine e della paternità di una certa invenzione: appropriazione indebita, che in alcuni casi è stata dimostrata dagli studiosi.
Lo stesso destino avrà il corpo di Leonardo, sepolto nella chiesa di Amboise in Francia – dove trascorse gli ultimi anni protetto dal Re. Dieci anni dopo la morte la chiesa venne devastata e la sua tomba andò distrutta: le ossa furono disperse e i resti sepolti in una fossa comune.
Della morte aveva scritto: Siccome una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire (Codice Trivulziano, 1487/1490).