Enhavo:
Nel programma del 50° Congresso dell'Unione Internazionale degli Esperantisti Cattolici (31/ 8-7/9/97), a Roma e a Rimini, è stato incluso anche l'11° Congresso dell'UECI, svoltosi a Rimini nella giornata del 4 settembre 1997. Alle ore 10 del 4 settembre 1997 si è aperta l'Assemblea ordinaria degli associati UECI nel salone "Espero" della Casa Parrocchiale Santi Giovanni e Paolo, sita in Via C. Zavagli n. 73 a San Giuliano Mare in Rimini. Essendo scaduto il mandato triennale 1994-97 del Comitato Centrale, il Presidente uscente Mario Sola, diversamente da quanto stabilito all'art. 15 1° c. dello statuto, suggerisce ai presenti di nominare il prof. Francesco Ottino a presidente dell'Assemblea, la quale lo designa all'unanimità. Il presidente F. Ottino invita gli associati presenti a nominare il Segretario dell'Assemblea nonché la Commissione elettorale per l'elezione del nuovo Comitato Centrale. Gli associati designano Serio Boschin a Segretario verbalizzante dell'Assemblea: Carlo Geloso, Paola Ambrosetto e Vera di Tocco rispettivamente Presidente e scrutataci nella Commissione elettorale. L'ordine del giorno già indicato nel n° 4 (luglio-agosto) di Katolika Sento prevede: relazione morale, relazione finanziaria, elezione del C.C. Il Presidente uscente M. Sola illustra e commenta, in italiano, la relazione morale redatta in esperanto, parte integrante del presente verbale, a suo tempo inviata a tutti i soci. Segue S. Boschin, segretario-cassiere, il quale espone un'analisi dettagliata soprattutto della situazione economico-finanziaria del 1996 e il preventivo del 1997, che vengono distribuiti a tutti i presenti. Tale documentazione con relazione finanziaria fa parte integrante del presente verbale. Al termine della sua relazione Boschin propone l'aumento della quota associativa da 20.000 a lire 25.000 che andranno suddivise nel modo seguente: 4.000 al gruppo locale, 6.000 all'UECI, 12.000 per l'abbonamento a Katolika Sento, 3.000 quale quota IKUE. Il Presidente dell'Assemblea dopo essersi congratulato con i relatori apre la discussione che continuerà anche dopo la pausa del pranzo e durante le votazioni che avranno luogo dalle ore 15 alle 17. Vari gli interventi tra cui significativo quello di mons. Balconi il quale puntualizza che molti di noi mancano di aspetto culturale, che si vive in un mondo dove potenti mezzi di comunicazione seminano tanto male e distorcono la verità. L'impegno più importante perciò è quello culturale nella ricerca della verità. A questo proposito ci sono 600 centri in Italia riconosciuti dalla CEI. L'UECI è bene che si serva del SIR (Servizio Informazioni Religiose). Intervengono Gambuti, Ambrosetto, Mazzoni, Zecchi, Di Prinzio, Vera Di Tocco e Geloso. Chi condivide la linea Balconi, chi sostiene l'aumento della quota associativa, chi è per una maggiore informazione della nostra associazione, alcuni sottolineano la necessità di farsi sentire anche attraverso Radio Maria, altri sono del parere di abolire la categoria di "amici dell'UECI". Alla fine del dibattito il Presidente Ottino invita tutti ad esprimersi con il voto sulle due relazioni e sulla proposta d'aumento della quota associativa per il 1998. All'unanimità sono approvate le relazioni morale e finanziaria mentre 1'aumento della quota associativa viene approvata con 24 sì, 2 astensioni e un voto contrario. Verso le 17,30 la Commissione elettorale consegna al Presidente dell'Assemblea i risultati della votazione per il nuovo Comitato Centrale dell'UECI. Dallo spoglio delle 57 schede elettorali, di cui 13 inviate per posta, 38 votate in assemblea, 5 deleghe e 1 non valida, sono risultati regolarmente eletti per il triennio settembre 1997 agosto 2000 in ordine di preferenza: 1) Mario SOLA, 2) Serio BOSCHIN, 3) Duilio MAGNANI, 4) Carlo SARANDREA, 5) Paola AMBROSETTO, 6) Giovanni CONTI, 7) Marsilio GUAZZINI, 8) Antonio CAPPELLO. Infine il presidente Ottino si congratula con gli eletti, augura loro un buon lavoro per la crescita dell'UECI, ringrazia quanti hanno collaborato per il positivo svolgimento dei lavori e nel salutare tutti dichiara chiusa l'assemblea alle ore 17,40. Il Presidente dell'Assemblea: Francesco OTTIMO. Il Segretario: Serio BOSCHIN. La Commissione elettorale: Carlo GELOSO, Presidente; Paola AMBROSETTO e Vera DI TOCCO, Scrutatrici.
Un organizzatore veramente capace e dinamico, pochi aiutanti, ma estremamente prodighi di energie e attenti alle necessità dei partecipanti, unitamente al nuovo presidente dell'U.E.C.L, energico e capace di trasmettere entusiasmo, hanno costituito gli ingredienti dell'infallibile ricetta di uno dei più riusciti congressi dell'Unione Esperantista Cattolica Italiana; mi riferisco naturalmente al 12° Congresso, che ha avuto luogo in Arenzano, un incantevole centro della Riviera di Ponente, vicino a Genova, dal 4 all'8 di settembre. A dir il vero tutti i congressi dell'U.E.C.L, senza eccezione alcuna, hanno presentato tanti aspetti positivi e hanno avuto in comune il pregio di dar vita a un clima particolarmente amichevole, che ha sempre favorito i rapporti fra i partecipanti di ogni provenienza, riuniti in un ambiente del tutto familiare. È' questa una caratteristica costante di ogni congresso e naturalmente anche di quest'ultimo, così come i momenti di preghiera comune, che, con la celebrazione eucaristica, scandiscono ogni giornata, elemento, fra l'altro, insostituibile di unione fraterna. Quali sono allora i tratti caratteristici di questo congresso, quelli che lo rendono a mio avviso, singolare? Anzitutto un Cardinale di Santa Romana Chiesa, l'Arcivescovo di Genova Dionigi Tettamanzi ha celebrato la Santa Messa e ha pronunciato l'omelia in esperanto; inoltre il pubblico non esperantista è stato ripetutamente e dettagliatamente informato dell'evento attraverso la stampa (su "Avvenire" sono comparsi più articoli), la radio e la televisione (il notiziario regionale del terzo programma IV ha dedicato un grande spazio al congresso); il tema congressuale stesso "Nuova Pentecoste" è uscito, per così dire, dalla cerchia esperantista, dal momento che è stato trattato da giovani e preparatissimi sacerdoti, impegnati in vari settori della Diocesi di Genova. Infine, cosa a dir poco ammirabile, ogni partecipante è stato presente, di giorno e di sera, nel bello e nel brutto tempo, salendo con giovanile baldanza le pittoresche stradine del centro balneare per raggiungere la sede del congresso, ciascuno animato da un nuovo entusiasmo. È questo un segno nuovo? Un desiderio di adeguarci con il comportamento, noi miseri mortali, alle enunciazioni forti del tema congressuale? Qui prudentemente mi fermo. Sarebbe tanto bello se una nuova vita soffiasse su noi esperantisti, magari investendoci all'improvviso, e ci rendesse veramente capaci di comunicare con il mondo, facendoci uscire da questa comoda cerchia, nella cui atmosfera senza turbamenti noi ci aggiriamo protetti, come i grandi pesci, tranquilli e inoffensivi che abbiamo visto nuotare nelle grandi vasche dell'Acquario di Genova. Maria Teresa Campiani Boragini
Molte sono le preghiere scritte in onore di S. Pio X in tutto il mondo, in varie occasioni ed in diversi periodi storici, molte le sensibilità che in esse sono espresse, molte le attese dell'uomo contemporaneo che guarda ad un Santo che sente suo, per potersi meglio orientare nella sua ricerca dell'Infinito di cui sente il bisogno e la mancanza. Una di esse è stata tradotta da Carlo Sarandrea e pubblicata a cura del Gruppo Esperantista Cattolico di Treviso, per cui un particolare grazie va attribuito al traduttore, al dott. Serio Boschin e al dott. Franco Cazzaro. Mi risulta che anche un'altra preghiera sia stata tradotta in esperanto da Sarandrea e fatta pervenire, a cura dei due amici trevigiani citati, a tutti i devoti del Santo protettore degli Esperantisti Cattolici in occasione del 10° Congresso della U.E.C.I., a Paderno del Grappa nel settembre 1996. Mi auguro di vederla pubblicata in Katolika Sento quanto prima, perché esprime la sensibilità dei credenti nel 1951, anno della sua beatificazione, avvenuta il 3 giugno. Ma esprime anche la sensibilità degli esperantisti cattolici di allora perché, nello stesso anno, la sua beatificazione fu salutata con grande gioia dai partecipanti al 23° Congresso dell'IKUE, a Monaco di Baviera, e Pio X fu proclamato "patrono celeste degli esperantisti cattolici" di tutto il mondo. A quel tempo la Chiesa era sotto tiro a causa della scomunica che Pio XII aveva lanciato contro coloro che coscientemente la combattevano: vedendosi attaccati da tutte le parti, perseguitati in Russia ed in Cina, accerchiati anche in patria dagli stessi italiani laicisti, socialisti e soprattutto comunisti, era naturale per i cattolici rivolgersi a quel protettore che, nel suo tempo, aveva combattuto con successo le forze avverse alla Chiesa di Cristo. Una delle prime preghiere divulgate subito dopo la canonizzazione del beato Pio X (29 maggio 1954), se non la prima, esprime gli stessi concetti ed è la seguente: O Santo Pio X, mite ed umile di cuore, a somiglianza di Gesù che tanto bene rappresentaste in mezzo a noi, accogliete pietoso la nostra preghiera, come paternamente ascoltaste in terra chiunque ricorreva a Voi. Vedete quanto sono tristi i nostri giorni e come i nemici di Dio combattono contro di Lui ed i Suoi figli! Sorgete nella indomita fortezza del Vostro spirito e proteggete la Chiesa; difendete il Vostro Successore; salvate tutti noi che, uniti con Voi in un cuor solo, Vi scongiuriamo di presentare al trono di Dio le nostre preghiere, perché fra tanti pericoli la Chiesa e la società cristiana cantino ancora una volta l'inno della liberazione, della vittoria e della pace, Così sia. È uscita a cura della tipografia Pio X, come appare dalla dedica che apre l'elegante volumetto pubblicato per la fausta ricorrenza: "A San Pio X - l'armonia multilingue - di un coro unanime - di fede, di lode e di benedizione - al suo trono in gloria - convergente - ha raccolto in queste pagine - in segno di riconoscenza - e di devozione - la sua Tipografia Pio X. Roma, 20-30 maggio 1954". Si dirà che non ha nulla di particolare e che è una delle tante preghiere recitate ai santi. Invece ha la particolarità che è una delle più note nel mondo e sicuramente quella che esprime il maggior senso di universalità della devozione al novello Santo, perché è stata tradotta in 34 lingue: latino, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, olandese, danese, irlandese, norvegese, svedese, finlandese, russo, polacco, ceco, slovacco, lituano, lettone, ungherese, sloveno, croato, serbo, romeno, bulgaro, greco, turco, ucraino, biancoruteno, arabo, siriaco, ebraico, armeno, etiopico, dinamo (lingua di un popolo stanziato fra Eritrea e Sudan). Con queste lingue si poteva raggiungere i cattolici in quasi tutto il mondo: tra le più importanti, mancano almeno la lingua cinese, giapponese e coreana, cioè tutto l'Estremo Oriente. Purtroppo manca ancora qualcosa. Qualcosa che, per la mia sensibilità, è estremamente importante. Manca la traduzione in lingua universale Esperanto. Ho pertanto cercato di chiudere la farla con un tentativo, che qui presento al benevolo lettore, ma che non so quanto bene sia riuscito. Buona preghiera!
DANKEPer il fondo alfabetizzazione: £. 101.500 raccolte nel corso della messa in esperanto al congresso di Frascati; £. 250.000 dalla Conferenza S. Vincenzo de Paoli della Parrocchia S. Giuseppe di Treviso.
Caro Direttore, a proposito del libro del professor Vitaliano Mattioli «Gli ebrei e la chiesa ( 1933-1945)» in cui si documenta «la complicità con i nazisti di una parte del movimento sionista» anteguerra (Avvenire del 6 settembre), tesi sostenuta anche da studiosi ebrei come Hannah Arrendt e che ha provocato contrasti e il boicottaggio del libro stesso, penso non sia fuori luogo informare i lettori di Avvenire circa un analogo dibattito che sta avvenendo sulle riviste esperantiste d'Europa. Nel mese di gennaio di quest'anno il mensile belga, di lingua esperantista, Monato, ospitava un riassunto dei risultati di una commissione, ad alto livello, incaricata di stabilire, se possibile, la verità circa il pogrom antiebraico di Kielce (Polonia, 1946). Come è noto, di avere provocato gli orrori di quel misfatto (più di 40 morti) furono accusati i patrioti polacchi che avevano avversato Hitler, e i nazionalisti che avversavano il nuovo governo di tendenza sovietica, e naturalmente i cattolici «oltranzisti e tradizionalisti». Dalle conclusioni di quella commissione un redattore della rivista, Tyburcjusc Tiblewski, si permise di rilevare che restano totalmente scagionati gli accusati di allora e che invece, il sospetto va decisamente, vista la calcolata lentezza con cui la polizia intervenne, verso gli ambienti del regime comunista. Regime comunista appoggiato vistosamente dai pochi ebrei ritornati o scampati al genocidio nazista. Il Tyblewski non accusa gli ebrei, ma accusa la parte con cui stavano gli ebrei in maggioranza. Contro Tyblewski è scesa una valanga di accuse di antisemitismo: riviste e gruppi associati del mondo esperantista si affrettarono a prendere posizione contro la revisione storica perché bacata di revisionismo antisemita. Monato ha obiettivamente registrato tutte le reazioni, respingendo, però, l'accusa di antisemitismo per chi contraddice una «verità» passata, senza possibilità di controllo critico nella vulgata comune, è diventata un utile puntello di una parte ideologica. Armando Zecchin Torino
Anche quest'anno nell'ambito del 19° Meeting internazionale dei giovani di Rimini (23-29 agosto 1998), i cattolici della IKUE (Unione Internazionale cattolica esperantista) hanno allestito uno stand all'interno della manifestazione. Tema dell'esposizione è stata l'editoria cattolica in Lingua Internazionale. Vi erano esposti romanzi, vite di santi, encicliche ed altri documenti della Chiesa tradotti in Esperanto. Sullo sfondo tre disegni a matita del pittore albanese Leo Davidhi rappresentanti tre illustri esperantisti morti martiri per la Fede: il beato Titus Brandsma e Padre Max Josef Metzger uccisi durante il periodo hitleriano, e Padre Juan Font y Giralt, presidente della IKUE, martirizzato dai marxisti spagnoli nel 1936. Erano di servizio allo stand, a tempo pieno, le volontarie samideaninoj Paola Ambrosetto, vicepresidente dell'UECI, e la prof.ssa Monica Pinotti di Verona, che hanno svolto il loro compito con grande dedizione e competenza. I visitatori sono stati numerosi e interessati, oltre a italiani anche quelli provenienti da paesi esteri: Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Bolivia, Paraguay, Nigeria. Antonio Gambuti
da Avvenire di venerdì 4 settembre 1998
In che lingua si dice mea culpa? Già: come sottoporre alla millenaria revisione fatti di controversa storia ecclesiastica, e soprattutto in quale idioma pronunciarne il verdetto penitenziale per la Chiesa? Forse che si possono riconoscere errori di fronte a Galileo nello stesso latino che lo condannò, o deprecare l'antisemitismo di troppi cristiani nelle favelle dell'Europa dei ghetti e/o dell'Olocausto? C'è l'esperanto, invece. Una lingua «vergine», neutrale, ecumenica e senza imbarazzanti peccati storici: proprio quel che si vuole per il Giubileo. O - almeno - è ciò che proporranno gli esperantisti cattolici italiani, da oggi a martedì adunati nel 12° congresso nazionale ad Arenzano (Ge). C'è infatti chi per il Duemila - fatidico! - vorrebbe cancellare il debito estero. E chi azzerare tutti i record sportivi, così sospetti di doping. Perché dunque non annullare i pesanti retaggi delle lingue dando fiducia alla creatura (un po' artefatta, ma senza dubbio geniale) del medico ebreo polacco Zamenhof? Don Mario German - che oltre i molteplici impegni di parroco, cappellano dell'aeroporto genovese e incaricato di pastorale giovanile annovera pure la carica di consigliere nazionale dell'Unione esperantista cattolica italiana (Ueci) - insinua qualche esempio in qualità di organizzatore del convegno: «So che alcune Chiese d'Africa insegnano l'esperanto a preti e catechisti per evitare le deprecate lingue "coloniali". E del resto mi sembra che la Chiesa tutta - per restare libera il più possibile e "cattolica" - dovrebbe guardarsi dalle insidie sottili dell'inglese, imperialista egemonico. L'esperanto, che non ha macchie storiche e non è legato ad alcun nazionalismo, potrebbe essere la lingue ausiliaria dei cristiani per i rapporti internazionali». Don Ger-man è moderato, ma in merito è appena scoppiata una polemica dagli accenti furiosi tra gli esperantisti e il titolare di una rubrica di Famiglia cristiana, il linguista Claudio Marazzini, colpevole di aver osato sostenere che -comunque la si voglia vedere - lo strapotere del parlato anglosassone è un dato di fatto difficile da arginare, e tanto meno con una vulgata "artificiale". Non l'avesse mai scritto! Ma bisogna capirli: gli esperantisti - sarà che si sentono addosso il sorrisino di sufficienza di noi italofoni, sarà che l'esser minoranza affila le unghie di per sé - rischiano di dar di gomito a troppi interessi. Nella Chiesa stessa, per esempio, fanno concorrenza al latino, che ha dalla sua duemila anni di sacre declinazioni; e che ormai non sanno più neanche molti vescovi... «Ma noi non vogliamo affatto affossare il latino - previene don German -, che del resto nella Chiesa è già di fatto soppiantato da francese e inglese; bensì desideriamo farci missionari dell'esperanto: che, con appena 16 regole e nessuna eccezione, è strumento utile nonché facilissimo di comunicazione universale. Una lingua-ponte per il terzo millennio». Del resto addirittura un cardinale, l'arcivescovo di Genova Dionigi Tettamanzi (il quale ha confessato d'aver studiato in gioventù «con interesse e simpatia» il portato di Zamenhof), ha scritto ai 60 congressisti dell'Ueci che «dare vita ad una forma linguistica in grado di accomunare nel segno della semplicità la molteplicità dei popoli» è «anche questa nuova evangelizzazione»; e- guarda caso - subito dopo ha evocato il Giubileo. Domani sera Tettamanzi celebrerà la Messa e predicherà in esperanto, ma sono ormai un bel mannello i riconoscimenti cattolici della lingua universale: dagli auguri natalizi e pasquali in cui Giovanni Paolo II la inserì dal 1994 in mondovisione, al messale («Meslibro») e lezionario festivo del 1995; dai due appuntamenti settimanali di Radio Vaticana in tale idioma, al primo messaggio di un dicastero pontificio (quello dei laici) in esperanto già nel 1995. Senza contare il patrocinio che il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga ed esperantista di vecchia data, ha steso sull'Unione internazionale cattolica esperantista (Ikue). Insomma, nonostante certe diffidenze storiche (l'esperanto «massonico», Zamenhof fondatore di una religione umanitarista...), si direbbe che la profezia di san Pio X - «L'esperanto ha davanti a sé un grande futuro» - sia un poco più vicina a realizzarsi. Certo, ci vorrà un bell'appellarsi al giornalista martire san Tito Brandsma, attivo cultore della lingua universale, e al suo aureolato collega Massimiliano Kolbe (che avrebbe voluto pubblicare la sua rivista mariana anche in esperanto) prima che si verifichi quanto previsto dal cardinale Wyszynski: «Il concilio Vaticano III parlerà esperanto». Per intanto don Duilio Magnani, parroco riminese già presidente ed ora assistente ecclesiastico dell'Ikue, si accontenterà di organizzare nel Duemila un incontro internazionale della gioventù cattolica esperantista a Roma: «In Germania già da 3 anni propongono con successo un analogo appuntamento tra cattolici e protestanti», assicura. Ogni confessione cristiana, in effetti, e anche parecchie religioni hanno le loro milizie esperantiste: riformati, ortodossi, musulmani, adepti della macumba brasiliana, Bahai, aderenti all'Oomoto giapponese e persino atei; in Cina il presidente Mao in persona ha fondato una vivace rivista di propaganda marxista in tale lingua. E dunque? «Dunque non vorrei che la Chiesa del terzo millennio dovesse recitare il mea culpa anche per l'esperanto - ammonisce don Magnani-. Tale linguaggio è un dono di Dio come, e forse anche più, di ogni altro mezzo di comunicazione sociale». Per questo il tenace sacerdote romagnolo tempesta di lettere e solleciti le congregazioni romane e gli istituti gerarchici del cattolicesimo: per il Giubileo ci vuole un idioma «internazionale, ecumenico e senza peccato». Risultati? «Ancora non c'è risposta. Ma Roma si sta rendendo conto di aver bisogno di una lingua del genere e prima o poi troverà il coraggio di adottarla». Forse, sul limitare estremo del Duemila, invece del solito buon anno ci troveremo ad augurare Prosperan novijaron. Roberto Beretta
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